Una storia per il 25 novembre
La terribile e ordinaria violenza domestica raccontata dalle vittime
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La terribile e ordinaria violenza domestica raccontata dalle vittime
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La terribile e ordinaria violenza domestica raccontata dalle vittime
Da “Ferite a morte” di Serena Dandini ( Milano, Rizzoli, 2013)
Allora, questa è la chiave del cancello, questa del portoncino blindato, no, questa è del garage… Aspetta, da capo: questa è del portoncino…
Se cambio la serratura ha detto che m’ammazza, dice che è anche casa sua, solo perché ci ha abitato, ma io ci stavo in affitto da prima che arrivasse lui. Ma se cambio la serratura ora m’ammazza. La cambio? Non la cambio? E io non l’ho cambiata, così è entrato di notte tranquillo con le sue chiavi e mi ha strangolata mentre dormivo. Il ragazzino non si è accorto di nulla, ha continuato a dormire.
Era bravo con il ragazzino, lo portava ai campi sportivi a vedere le partitelle, è stato quello che mi ha ingannato, se uno è buono con il ragazzino è buono pure con me, pensavo.
Mi sentivo tanto sola, la fabbrica, il ragazzino, mi piaceva vedere un uomo dentro casa la mattina, son belli i maschi in bagno mentre si fanno la barba con quel buon profumo di pulito, per essere pulito era pulito, si cambiava due camicie tutti i giorni. Io non ero una grande stiratrice, lo so, ma lui era un po’ fissato, è colpa delle madri che abituano questi maschi come al Grand Hôtel e poi quando escono nel mondo vero non ci si ritrovano più… Se avessi avuti i soldi c’andavo io al Grand Hôtel insieme al ragazzino e lasciavo quella maledetta casa, me l’avevano detto al centro antiviolenza: “Cambia la serratura”, ma io c’avevo paura che m’ammazzava, l’aveva urlato ai quattro venti: “Se cambia la serratura l’ammazzo!” E io non l’ho cambiata. E infatti è entrato e m’ha ammazzato. Non c’è logica, chi ci capisce qualcosa è bravo.
Allora, questa è della porta principale, no, del cancelletto…
Entrava e usciva a tutte le ore come gli pareva, accendeva la televisione a tutto volume di notte, mi svegliava il ragazzino, svuotava il frigorifero, si mangiava la spesa di due giorni, era abituato a servirsi a piacimento. Poi veniva in camera da letto, e anche lì si serviva a piacimento. Solo del bagno non aveva le chiavi, lì potevo chiudermi a piangere in santa pace.
Eppure dopo l’ultima discussione sembrava quietato, vedrai che ha capito, ho pensato, non mi ha neanche detto: “Se cambi la serratura t’ammazzo”. Allora mi son detta: ”Quasi quasi domani la cambio”, ma mi ha uccisa prima.
Io non lo volevo offendere, volevo solo lasciarlo, o meglio volevo che lui ci lasciasse in pace, a me e al ragazzino. Ma lui dalla madre non ci voleva tornare, eppure la madre stirava meglio di me, me lo diceva sempre: ”Dovresti imparare da mia madre”. Non ho fatto in tempo.
Scusate, glielo dite voi alle ragazze del centro antiviolenza che c’avevano ragione? Io non le ho più trovate, dice che hanno dovuto chiudere per via dei tagli, ora al posto loro c’è una banca, ma il mutuo non me l’hanno dato. Peccato, volevo tanto cambiare casa. Ora mi sono rimaste solo queste chiavi e non mi ricordo neanche cosa aprono… Questa è del cancello, e questa?
Qui la lettura in pubblico del racconto nella straordinaria interpretazione di Stefania Sandrelli.
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