A pochi giorni, ormai, dalla votazione che sta dividendo il paese fra favorevoli e contrari alla legge Covid, dopo numerosi dibattiti che hanno anche infiammato le arene televisive e radiofoniche in aperti scontri fra fautori del referendum lanciato da una serie di gruppi civici capeggiati dagli “Amici della Costituzione” ed il fronte politico quasi compatto (ad eccezione dell’UDC) che sostiene la legge, abbiamo pensato di proporre un contributo particolare, che possa essere utile per capire, o almeno ripensare, i termini di una serie di questioni poste dai referendisti.
“28’min”, una pubblicazione specifica, diffusa online nelle tre lingue in tutta la Svizzera, riassume in 11 domande le tesi principali degli oppositori alla legge Covid.
Abbiamo sottoposto queste 11 domande al dottor Christian Garzoni, infettivologo e direttore sanitario della Clinica luganese Moncucco. Ecco le domande e le risposte.
- Perché il certificato vaccinale è accordato senza condizioni alle persone vaccinate quando anch’esse possono comunque contagiarsi ed in tal caso propagare il virus come le persone infette non vaccinate?C.G.:
Per due motivi : il primo è perché se è vero che i vaccinati possono ammalarsi e possono propagare il virus, va sempre ricordato che lo contraggono e propagano molto meno. Producono molto meno virus , quindi sono meno infettivi. Il secondo motivo è che il certificato vaccinale viene richiesto in un contesto in cui le persone sono a rischio di ammalarsi: quindi, di per sé, è una forma di protezione anche per i non vaccinati.
- Perché non è richiesto un certificato vaccinale sugli affollati mezzi pubblici mentre è obbligatorio nei ristoranti? Il virus non prende il bus?
È una decisione politica. Lo stato ha fatto una scelta pragmatica, diciamo così… ha lasciato più libertà per le attività lavorative, diciamo “necessarie”, e ha messo delle restrizioni per attività opzionali e/o solo di divertimento. Una decisione che cerca, nel limite del possibile, di mantenere opportunità di vita economica e sociale. Naturalmente, con il variare delle condizioni pandemiche si tratta di decisioni che possono o devono cambiare nel tempo.
- Perché imporre il certificato sanitario nelle scuole superiori (Università, Politecnici, Scuole Universitarie Professionali) penalizzando così giovani in formazione che non sono a rischio di infezione?
Perché durante le attività scolastiche, anche universitarie, i giovani sono spesso in situazione di “rischio di contatto”, e corrono il pericolo di creare delle ‘’micro epidemie’’ con la conseguenza di obbligare alla quarantena classi intere, addirittura interi istituti. Ecco perché questo è uno degli ambiti in cui si è deciso di richiedere la vaccinazione: è una condizione assolutamente opportuna per frequentare le lezioni col minor rischio di contagio.
- Perché spiegare che il certificato sanitario è la sola misura valida di salute pubblica quando in certi paesi nordici, per esempio, sopprimendo ogni restrizione, è stato dimostrato il contrario?
Va sempre ricordato che il certificato vaccinale è una delle misure proposte , una delle tante per cercare di contenere la diffusione del virus, come l’uso delle mascherine, il rispetto delle distanze, l’uso dei disinfettanti per le mani, il telelavoro…Sono tutte misure che lo Stato ha cercato di mettere in atto per permettere alla società di avere una vita il più normale possibile, tenendo conto, naturalmente, che le persone vaccinate costituiscono un rischio minore delle persone non vaccinate.Riferirsi a quanto adottato in certi paesi nordici, non ha molto senso: anche lì, nel frattempo, la situazione è cambiata, perché il virus si muove, cambia, colpisce diversamente e a noi tocca cercare di capire e rispondere a condizioni costantemente in mutamento.
- Perché alimentare la paura di un rischio di sovraccarico di ospedalizzazioni quando in 18 mesi sono stati ridotti del 45% i posti letto in cure intense?
Devo dire sinceramente che non sono a conoscenza di questo dato. Quello che so bene è come abbiamo finora cercato di affrontare le emergenze dovute ai casi acuti di infezione: i reparti di cure intensive nelle nostre cliniche e nei nostri ospedali sono dotati di posti letto per una “situazione normale”, chiamiamola così, che prevede anche un margine per casi eccezionali. Se però improvvisamente, con la pandemia, il numero di pazienti bisognosi di tali cure diventa così importante, si deve ulteriormente pensare a creare margini per spazi supplementari: a Moncucco avevamo sette posti letto di cure intense; quando c’è stata la prima ondata abbiamo chiuso le sale operatorie e trovato il modo di creare una quarantina di posti letto in più. È l’emergenza che impone misure straordinarie, e finora vi abbiamo fatto fronte. Ma l’allarme è costante, la minaccia dietro l’angolo, e noi dobbiamo provvedere al meglio, sperando che intanto aumentino i vaccinati.
- Perché non si ricorda mai che il 96% delle persone colpite dal Covid-19 non hanno avuto bisogno di essere ospedalizzate?
È giusto ricordarlo, ovvio. È un’ottima cosa! Però allora rammento anche che se facessimo questo calcolo per il Ticino, su circa 350’000 persone, staremmo parlando del 4% di ospedalizzati, cioè di 14’000 persone ospedalizzate. Sono molte, e non mi pare che vadano trascurate e non considerate, proprio per affermare che la situazione è grave ed impone misure decise di “contenimento” con la vaccinazione.
- Perché voler vaccinare tutta la popolazione quando di fatto l’immunità di gregge non può essere raggiunta vista la predominanza della variante delta?
Perché l’immunità di gregge è l’ideale, ma non con tutte le malattie e con tutti i vaccini è raggiungibile. Ciò non toglie che, anche se non si arriva ad avere un’immunità totale di gregge, avere una popolazione vaccinata, che dunque si ammala meno, riduce o annulla il rischio di sovraccarico degli ospedali e riduce il numero di morti. Mi sembra sia una ragione sufficiente, al di là delle teorie virologiche ed epidemiologiche.
- Perché voler vaccinare i bambini? Il principio di precauzione ed il rispetto della loro integrità fisica iscritti nella Costituzione non dovrebbero prevalere?
I motivi principali sono tre, con tutto il rispetto per la loro integrità fisica iscritta nella Costituzione. È bene che vengano vaccinati anzitutto perché anche se non presentano forme mortali (se non molto raramente), possono comunque contrarre il ‘’long Covid” che è molto fastidioso anche per loro, e che in rari casi può comportare complicazioni importanti. Quindi, secondo gli studi a nostra disposizione, gli eventuali rischi causati dal vaccino sono minori di quelli procurati dal COVID. Inoltre, perché i bambini sono anche loro diffusori di virus possono portare a malattie degli adulti. Infine, perché i dati disponibili dicono che i bambini sopportano bene Il vaccino.
- Perché esentare dal tracciamento e dalla quarantena le persone vaccinate quando il contatto con una persona infetta può contaminare anche loro?
Questa è una decisione pragmatica. Considerato che il rischio procurato dai vaccinati è nettamente inferiore a quello delle persone non vaccinate, lo Stato ha deciso di concentrarsi sulle persone non vaccinate, anche in relazione al “contact tracing”.
- Perché autorizzare la trasmissione di dati di tracciamento a Stati stranieri quando si ribadisce che tutto avviene in rispetto della sfera privata?
Se io vado in uno Stato estero devo rispettare le leggi di quello Stato estero: se lo Stato estero pretende da me il Covid-Pass per entrare, o rispetto questa regola o rimango a casa.
- Perché prendersi il rischio di votare a favore di un certificato COVID, che non offre alcun beneficio sanitario ma potrebbe per contro mettere in pericolo le vostre libertà di domani?
Penso che la votazione vada al di là del vaccino e del certificato COVID, ma mette sul tavolo la possibilità per lo Stato di poter gestire epidemie di questo tipo anche in futuro. Abbiamo visto che ci sono situazioni di emergenza sanitaria gravi, dove lo Stato deve avere i poteri per aiutare la popolazione nel modo più efficace possibile. Spesso si tratta di scegliere il “meno peggio”. Però, precludere allo Stato di poter gestire epidemie di questo genere può solo portarci a situazioni ben peggiori ed estremamente pericolose in futuro.
Appendice
Dott. Garzoni, ancora due domande legate all’attualità:
Ogni giorno le condizioni cambiano (vedi lockdown in Austria, per esempio) e si impongono nuove valutazioni, che vengono dalla task force scientifica e dal Governo: vi è però la sensazione che qua e là si manifesti una certa incrinatura fra le indicazioni della scienza e le decisioni della politica. Lei cosa ne pensa?
I medici fanno i medici e come priorità hanno il bene del paziente, la salute delle persone, evitare che ci si ammali o addirittura si muoia. La politica tende a mettere sul piatto della bilancia anche altri fattori: cioè interessi economici, delle diverse categorie professionali ecc. Il politico fa il politico, il medico fa il medico, e si tratta costantemente di trovare misure adeguate ad indicazioni nuove. Non è facile, ed è un questione diventata ormai un leit-motiv di tutto questo periodo di pandemia.
Il Medico Cantonale Giorgio Merlani è tornato ad esprimere la sua viva preoccupazione per la situazione: ha detto chiaramente che “ci stiamo ricascando”. È così anche secondo lei?
Si, concordo con Merlani. A gennaio-febbraio 2020 ci si è trovati davanti ad un fenomeno che non conoscevamo e che ci ha colti impreparati. Nella seconda ondata non avevamo i vaccini. Adesso, la terza ondata ce la prendiamo tutta, ed è per colpa nostra se con i vaccini a disposizione non ci si vuole vaccinare. Sappiamo che vi sono altre regole da rispettare, come la mascherina o la disinfezione delle mani, eppure, uscendo la sera non si fa che vedere persone che si stringono le mani, si abbracciano e baciano, come se niente fosse.
Insomma, o si rispettano quelle minime regole, oppure ricomincia tutto.
I numeri dei contagi stanno salendo (e sono relativi a casi tutti evitabili) anche perché ci si muove ancora con ritardo rispetto a quanto esige la situazione in cui ci troviamo, di nuovo, oggi.