Si intitola
Inter-rotte – Storie di donne e famiglie al confine di Ventimiglia, il report dell’organizzazione umanitaria
WeWorld che da oltre 50 anni si occupa di progetti di cooperazione allo sviluppo.
Un report che raccoglie le testimonianze delle persone che transitano a Ventimiglia, città diventata un punto di passaggio cruciale per uscire dall’Italia e andare verso altri paesi europei. A Ventimiglia confluiscono infatti le due rotte migratorie principali, quella balcanica e quella mediterranea. Da anni, sono migliaia le persone migranti che rimangono bloccate proprio in questa città, respinte dalla polizia francese.
La sospensione da parte del governo francese nel 2015 del Trattato di Schengen ha portato al ripristino di controlli sistematici alle frontiere e obbligato migliaia di individui, tra cui donne e minori stranieri non accompagnati (MSNA), a stazionare a Ventimiglia. Da qui, il riferirsi alla città ligure di Ventimiglia come “imbuto d’Europa”.
«Dopo il blocco causato dalla pandemia, i movimenti sono lentamente ripresi: il 2022 ha registrato 33mila respingimenti in frontiera e, molto probabilmente, alla fine del 2023 questa soglia sarà superata», afferma Jacopo Colomba, responsabile del progetto di WeWorld a Ventimiglia.
Donne Inter-rotte
Inter-rotte ha un focus particolare sulla presenza femminile a Ventimiglia. Presenza femminile perché le donne, nel tempo, sono diventate sempre più presenti e visibili.
Gli studi sulla migrazione hanno negato o si sono dimenticati di analizzare il genere come chiave interpretativa centrale per molto tempo. I profili e i percorsi specifici delle donne della migrazione sono stati trascurati, assimilandone l’esperienza a quella degli uomini.
Recuperare tale carenza significa innanzitutto cogliere una parte centrale e significativa sul piano numerico dei flussi migratori. La presenza delle donne si è infatti rivelata non solo costante ma anche sempre più numerosa. Quelle in arrivo dalla Costa d’Avorio sono aumentate del 100% (da 600 in un anno a 1.200 presenze), quelle provenienti dalla Guinea di oltre il 60%.
In aggiunta, guardare alle donne nei flussi migratori può aiutare a far emergere la presenza di vittime di tratta e sfruttamento. «Le donne sole rischiano più di altri di cadere vittime delle reti criminali presenti sul territorio», racconta sempre Jacopo Colomba.
Sebbene tale meccanismo non sia estraneo agli uomini della migrazione, esso si verifica, in quest’ultimo caso, in modo più contenuto sia per carattere che per dimensione. Globalmente, solo il 9% delle vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale è composto da uomini o ragazzi (UNODC, 2023b).
La tratta a scopo di sfruttamento sessuale
In Italia, la prostituzione coinvolge circa 90.000 giovani donne e ragazze, principalmente provenienti dall’Africa e dall’Europa dell’est, per un valore di circa 4,7 miliardi di euro (Codacons, 2022). Il fenomeno, peraltro, oltre che nel nostro Paese, risulta diffuso anche all’interno di tutta l’Unione Europea, dove riguarda il 46% del totale dei casi rilevati (Frontex, 2022).
Tra il 2016 e il 2020, in Italia si è registrato un aumento di denunce e segnalazioni per il reato di tratta di persone e, tra le nazionalità dei trafficanti rilevate più di frequente, ci sono quella nigeriana, romena, italiana e albanese. In linea generale, le vittime di tratta sono spesso della stessa nazionalità dei propri trafficanti, con cui condividono i legami etnico culturali (Ministero dell’Interno, 2021).
Poiché si stima che solo il 10% delle vittime presenti denuncia alle autorità, è difficile valutare la reale diffusione del fenomeno (La Via Libera, 2023). Le misure repressive introdotte relativamente alla prostituzione esercitata in strada, con conseguente trasferimento della medesima in abitazioni, e il reclutamento su internet da parte dei trafficanti – che sempre più spesso fanno ricorso a piattaforme online come social network, applicazioni per telefonia mobile e dark web -, non aiutano a far luce sul fenomeno, rendendolo sempre più difficile da tracciare (Ministero dell’Interno, 2021).
Altrettanto importante è avere presente che la prostituzione è collegata non solo alla tratta di persone a scopo di sfruttamento sessuale, ma anche al traffico irregolare di migranti. Sono le tante, troppe irregolarità dei meccanismi di controllo della migrazione che i Paesi mettono in atto a spingere i migranti verso reti di traffico ed in particolare le donne verso la prostituzione.
«Servono più risorse dedicate affinché queste donne non diventino vittime di tratta. C’è bisogno di un’assistenza strutturata, ma la situazione continua a essere bloccata. Permane la convinzione che questi migranti siano “clandestini” e che non esista una formula giuridica per accoglierli», conclude Jacopo Colomba.
Nell’immagine: migranti a Ventimiglia