Un messaggio politico non recepito
Quello che arriva dal composito mondo giovanile e dalle sue diverse manifestazioni - Di Bruno Brughera
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Quello che arriva dal composito mondo giovanile e dalle sue diverse manifestazioni - Di Bruno Brughera
• – Redazione
A proposito del surriscaldamento degli oceani
• – Redazione
È morta a 94 anni la storica Hélène Carrère, madre dello scrittore Emmanuel. Prima studiosa a guidare l’Académie française, anticipò la dissoluzione dell’Urss. Ma non si aspettava l’invasione dell’Ucraina
• – Redazione
Al Landesmuseum di Zurigo 10 testimoni raccontano in presa diretta la loro esperienza migratoria – 36 minuti di italianità senza grandi sorprese
• – Michele Ferrario
Cantanti e musicisti che litigano online e si mandano a quel paese, in un’estate che per fortuna ha altro e di meglio da offrire
• – Gianluca Verga
Dove è nato Marco Polo? Qual è il suo Paese natale? Una domanda che nel XIII secolo aveva poco senso – tutto era sotto il controllo della Repubblica di Venezia – ma al giorno d'oggi è fonte di diatribe
• – Redazione
Il progetto immobiliare più ambizioso di sempre, divenuto un flop in soli due anni
• – Redazione
Il dissidente più noto di Russia condannato ad altri 19 anni di carcere duro per “estremismo”; ne deve già scontare altri 11 per “frode”: un quasi ergastolo per il detenuto a cui “Amnesty” non riconosce lo status di “prigioniero di coscienza”
• – Aldo Sofia
Ambiente, futuro, speranza, solidarietà, nodi cruciali per un discorso politico che immagini un futuro non consegnato al neoliberismo imperante. Parole evocate a gran voce a Lisbona
• – Lelio Demichelis
Un discorso del Primo agosto a Brusino Arsizio
• – Anna Ruchat
Quello che arriva dal composito mondo giovanile e dalle sue diverse manifestazioni - Di Bruno Brughera
Siamo ciechi e sordi? La domanda la pongo agli adulti, alla società civile, ai media e soprattutto al mondo della politica; è una domanda che si impone perché pare evidente come in questi anni si stia manifestando un’evidente frattura generazionale, che non è per nulla considerata, magari nemmeno còlta, dall’opinione pubblica, eppure si tratta di qualcosa di importante, che dovremmo analizzare con attenzione.
Se andiamo a valutare diverse situazioni, rapidamente e superficialmente definite come singoli episodi, che sembrano slegati fra loro anche se tutti riconducibili a una forma di protesta, di grido frammisto a rabbia, disperazione e con una forte connotazione di ricerca di aiuto, scopriremmo che hanno invece un loro denominatore comune.
Il mondo definito genericamente “giovanile”, cerca di esprimersi con gli strumenti che ha a disposizione, in forme non di rado di ribellione, di presa di distanza dai modelli sociali consolidati, anche quando, apparentemente, pare accoglierli e praticarli. È un mondo fatto da chi prova di scoprirsi e definirsi, di chi ricerca una qualche forma di propria identità, in un contesto troppo spesso impersonale e spersonalizzato, che tutto omologa o respinge, in una rozza logica del bianco e del nero, dell’accettabile o dell’inaccettabile, del lecito o dell’illecito, senza possibili sfumature.
Così, anche il tema della realtà giovanile viene per lo più trattato per schemi e schematismi ed un arco anagrafico vasto e vario, composto dalle più diverse esperienze, finisce per essere ricondotto semplicisticamente a rapide valutazioni e sentenze.
A segnare questi ultimi anni ci sono, in particolare, due temi centrali: la pandemia, con le misure di contenimento che ha comportato, dall’obbligo vaccinale al distanziamento sociale, che non potevano non ingenerare effetti destabilizzanti in un contesto come quello giovanile che fonda gran parte delle sue manifestazioni proprio nel rapporto di inclusione ed esclusione dal gruppo. Vivere isolati, “in remoto”, ha logicamente lasciato forti tracce in una condizione di disorientamento che non è certo stata superata. In relazione a questa delicatissima e controversa esperienza dobbiamo forzatamente porre le diverse manifestazioni di dissenso o di disagio che una consistente fetta di mondo giovanile ha espresso in questi ultimi anni e mesi, a volte anche in forme “estreme”, non di rado brutalmente represse.
Lo vediamo ora con gli attivisti del clima, che cercano di scuotere politica e società sulle conseguenze dello stallo per i provvedimenti da attuare. Purtroppo sebbene tutti ne parlino, poco o nulla si muove. Se ne parla paradossalmente più per le azioni di protesta piuttosto che per indignarsi circa l’inerzia di politica ed economia.
Del mondo giovanile si parla poi anche a proposito delle aggregazioni spontanee chiamate rave, additate come illegali dalle autorità, ma che sono in primis, forme primordiali di autogestione, di aggregazione con una precisa forma identitaria e portatrici di un segnale politico per ora purtroppo mal espresso. Vediamo soprattutto i giovani alla costante ricerca di spazi condivisi in contesti urbani, impegnati nella volontà di esprimere forme di cultura indipendente, nella pratica di performance artistiche e di militanza politica alternative alle strutture istituzionali tradizionali, com’è avvenuto ancora recentemente nel raduno internazionale anarchico a St. Imier, con una concentrazione straordinaria di giovani palesemente coesi nel creare un fronte di rottura decisamente provocatorio, ma con un chiaro senso di solidarietà e di difesa dei diritti ad esistere come individui.
Noi, la generazione “adulta”, non riusciamo a capire quanto siamo responsabili di questa importante frattura generazionale. Non ci rendiamo conto di quanto siamo lontani da quel mondo e di come sia difficile interloquire, per discutere e comprendere il disagio giovanile. Responsabili di un sistema di funzionamento sociale che tende ad omologare e non a lasciare spazio a chi vuole fare esperienze diverse, siamo conniventi, deleghiamo e legittimiamo un approccio autoritario a supporto di interessi economici volti a far crescere un’idea di comunità finalizzata al consumo e al profitto di pochi.
I giovani, quelli che viene da definire “sani”, non ci stanno più. Vogliono reagire e contrastare questa narcolessia che ovatta e opprime la società. Forse vogliono inviarci un messaggio che noi adulti non sappiamo o non vogliamo ascoltare perché ci mette semplicemente di fronte ai nostri errori e alle nostre responsabilità.
Certo, è un messaggio frammentato, tutto da decifrare, forse anzitutto proprio dai giovani, che nel trovare forme comunicative più chiare ed esplicite, potrebbe avere tutto da guadagnare nell’affermare le proprie legittime esigenze. Perché è loro il futuro, ed è loro un compito davvero terribile: quello di battersi senza la nostra ambiguità, senza secondi fini di natura personalistica o egoistica, per un bene comune: il pianeta, la sua vivibilità, nonostante le nefandezze perpetrate dall’uomo, in nome di valori inalienabili, a cominciare da rispetto, equità, condivisione, solidarietà. Valori perduti.
Nell’immagine: una scena dal film “Gli sdraiati”, di Francesca Archibugi (2017)
La testimonianza di Rupen Nacaroglu, luganese di origine armena, sulla tragedia e sulla coraggiosa resistenza del suo popolo
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