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• 19 Dicembre 2022 – Libano Zanolari

Quando sulla scena appare Lei, la Diva, tutto il resto scompare. Come nell’Argentina del generale Videla, condannato a due ergastoli per crimini contro l’umanità. L‘Albiceleste’ diretta da Menotti, oppositore dichiarato che voleva comunque «dare una gioia al suo povero popolo», nel 1978 batte per 3-2 l’Olanda priva di Cruyff, minacciato e impaurito. Ma per arrivare in finale ha ‘comprato’ la partita contro il Perù (6-O) eliminando il Brasile per differenza reti.

8 anni prima, in Messico, un altro criminale, il generale Medici, impone il cambio di allenatore 2 mesi prima dei Mondiali: Zagalo per Saldanha; favorisce il ritorno di Pelé e consolida il suo potere grazie alla vittoria per 4-1 sull’Italia, di cui si attribuisce la paternità.

Trionfa come in questi giorni il Qatar e il suo cittadino onorario Infantino grazie ad almeno 3 voti documentati, comprati a 1 milione di dollari l’uno proprio nel momento in cui si scopre che gli emiri corrompevano i deputati europei per impedire che Bruxelles potesse scoperchiare il pentolone delle malefatte compiute per avere questi mondiali, e poi per realizzarli sulla pelle degli operai-schiavi.

Troppo tardi Sepp Blatter, da buon cattolico timoroso delle fiamme eterne, si è pentito, dichiarando che il Qatar fu un suo errore, che il paese era «troppo piccolo, troppo caldo». Caldo al punto da causare oltre allo spostamento dei Mondiali nel nostro inverno, anche un virus da aria condizionata (estrema beffa) che ha colpito svizzeri e francesi. Quanto alle dimensioni del paese (del deserto) il colonnello rossocrociato non ha capito che ai Mondiali serve solo il palcoscenico, lo stadio; fra cento anni magari una partita si farà in atmosfera protetta sulla luna.

L’alterità, l’immoralità dell’ineffabile palla è assoluta: ha cancellato il ricordo dei 6’000 operai morti secondo la denuncia de ’Guardian’; le paghe da fame e gli alloggi miserabili dei lavoratori ai quali a lungo è stato sottratto il passaporto.

Hanno costruito stadi meravigliosi, noi vediamo solo quelli: perché il resto disturberebbe il piacere della partita, di un rito che Pasolini definiva sacro, l’unico rimasto, unica religione, unico teatro in cui lo spettatore è parte in causa, si identifica nella drammaturgia, e può persino cercare in tutti i modi di influenzare gli attori sulla scena, in simbiosi con loro. È convinto di giocarsi la partita partecipando a cori di pessima qualità musicale, picchia con ritmo grossolano e ossessivo sulle grancasse, volge le spalle al campo e incita i suoi a gridare più forte, da tribuno del popolo; si gioca una partita da protagonista che nella vita si potrà giocare poche volte, e forse mai, sempre in sospeso, perché non sa se domani la sua, sul posto di lavoro, durerà 90 minuti, o se sarà tolto dal campo fra il primo e il secondo tempo con un semplice SMS: «siamo costretti a rinunciare alle sue stimate prestazioni».

Ma intanto, che meraviglia questa rappresentazione, anche se so che è un ‘Ersatz’, un surrogato di ciò che dovrebbe sempre essere la vita: solidarietà, partecipazione, le vittorie da festeggiare dando fuori da matti, le sconfitte da mandar giù a capo chino. Ma anche con il balsamo del compagno che ti consola, che piange con te, e persino con la pietas dell’avversario che ti abbraccia, membro di una grande famiglia, l’umana, nella quale ci si batte a viso aperto, si celebra la vittoria, ma non si umilia lo sconfitto. La contesa è rituale, mai cruenta, se non per eccezione, o perché la folla, ansiosa, dipendente dal suo oppio, sfonda i cancelli e si accalca a morte.

Di norma sugli spalti ci si concede senza vergogna: si celebra la gioia sublime, le donne specialmente, sempre più partecipi e protagoniste; si piange a calde lacrime, si consola il bambino affranto per la sconfitta dei suoi eroi, che riteneva invincibili.

Hai calciato un rigore un metro sopra la traversa, l’hai tirato con la paura addosso, si vedeva dal linguaggio del corpo, dagli occhi impauriti. I tuoi compagni ti hanno abbracciato. Non sei stato licenziato come chi in Borsa ha perso l’attimo fuggente mentre altri, più veloci, più furbi, hanno venduto l’azione decotta e hanno comprato quella destinata ad aumentare il capitale del 300%.

La vita (il campo) ti ha concesso di mandare la palla in rete con una semirovesciata che resterà nella storia, con un potente tiro da fuori area all’incrocio, con un pallonetto beffardo, con un raffinato taglio d’interno o d’esterno, la palla accarezzata come si accarezza una persona cara. Ti sei fidato del giudice unico, non hai immaginato che potesse favorire il più ricco, l’amico del potente, del futuro padrone che avrà potere decisionale sulla tua vita. Hai potuto contestarlo, anche sopra le righe.

In campo e sugli spalti il padrone sei tu, anche se non potrai mai sapere quale sarà il rimbalzo della palla; per quanto studiata, la sua traiettoria finirà magari contro il palo, schizzerà sulla faccia interna dell’altro e finirà fra le braccia del portiere. Ma queste sono le regole del gioco, imposte dall’imperscrutabile Maestro che ha permesso all’Arabia Saudita d’un Presidente che secondo la CIA ha fatto colare nell’acido un giornalista, di battere in entrata l’Argentina, che ha dato la vittoria al Giappone sulla Germania e la Spagna, al Marocco sul Belgio, sulla stessa Spagna e sul Portogallo, che ha sciolto come neve al sole la Svizzera sino a quel momento lodata da tutti.

Quel Maestro che ci ha regalato la finale più pazza della storia con un primo tempo in cui la Francia non sembrava essere scesa in campo, spenta sul piano fisico e mentale, autolesionista con Dembelé che si trasforma in difensore per un goffo intervento su Di Maria che permette a Messi di segnare su rigore. E quando la squadra di Scaloni segna il 2 a 0 con un’azione Mc Allister-Messi- Mc Allister-Di Maria da antologia (verrà mostrata per anni in tutte le scuole di calcio) nessuno scommetterebbe un soldo bucato sulla Francia, che invece attorno al 35’ del secondo tempo pareggia in 3’ con Mbappé, prima su calcio di rigore, e poi con un’azione delle sue, scambio e tiro imparabile.

Deschamps aveva umiliato Dembelé e Giroud sostituendoli alla pausa con Thuram e Kolo-Muani, poi aveva tolto anche due altri protagonisti, Griezmann e Hernandez. Scaloni aveva dato un pessimo segnale ai suoi, escludendo Di Maria per il difensore Acuña. Nei supplementari, l’‘Albiceleste’ è più pericolosa e dopo 109’ si porta sul 3 a 2 con Lloris che ferma il primo tiro di Lautaro Martinez ma nulla può sul tocco da pochi passi di Messi. Partita chiusa? Per niente, perché Montiel intercetta con il gomito un tiro di Mbappé che segna la sua terza rete, seconda su rigore.

All’ultimo istante il portiere Martinez compie il ‘miracolo’ su una conclusione a colpo sicuro di Kolo-Muani.

Ai rigori, dopo le reti di Mbappé e Messi, è ancora Martinez che decide la partita parando il tiro di Coman. Sbaglia anche Tchouameni, si capiva dal linguaggio del corpo, non sbaglia Montiel, proprio lui, proprio il difensore che aveva causato il rigore del 3 a 3.

Chi è la squadra più forte del mondo? Il bello (o il brutto) del melodramma sacro e profano è che non lo sappiamo. Ognuno si faccia una sua idea. Abbiamo avuto una razione (metaforica…) d’oppio, e l’avremo per molti giorni ancora. Ce l’hanno regalata, estrema beffa, estrema contraddizione, gli emiri del Qatar, padroni del Paris S. Germain, padroni di Messi e Mbappé.

Nell’immagine: 4 miliardi. Anzi, 3’999’994’000






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