Come rane nella pentola del cambiamento climatico
In un libro di recente pubblicazione, proposte per reagire alla sempre più drammatica crisi climatica
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In un libro di recente pubblicazione, proposte per reagire alla sempre più drammatica crisi climatica
Recentemente è stato pubblicato il sesto, drammatico Rapporto dell’Ipcc sul cambiamento climatico. Che ci impone scelte rapide e radicali per invertire la rotta, se ancora possibile – o almeno deviarla per non andare a sbattere contro l’iceberg, come il Titanic. In realtà il Covid-19 ci ha fatto dimenticare che ben più grave della pandemia è e sarà appunto il climate change. Che è uno dei temi affrontati dal libro (in forma di dialogo), di Paolo Bartolini (analista filosofo) e Lelio Demichelis (sociologo), dal titolo La vita lucida. Uscito da poche settimane. Ne pubblichiamo alcuni brevi estratti.
L.D. […] Vorrei provare a leggere la pandemia come poteva e doveva essere vissuta, cioè come una possibilità che si offriva per introdurre una cesura antropologica ed esistenziale tra vecchio e nuovo; tra prima e dopo; tra tecno-capitalismo e neo-umanesimo (per il momento lo chiamo così); tra pensiero calcolante e pensiero meditante/meditativo; tra irresponsabilità e responsabilità-sostenibilità; tra ibridarsi voluttuosamente con la tecnica alienandoci da ogni soggettività e da ogni capacità di individuazione, oppure restare umani. […] Questa emergenza da pandemia non deve farci dimenticare appunto la persistenza di una serie di problemi drammatici che nascono con la rivoluzione industriale e con una rivoluzione scientifica che si è subito tradotta malamente in una razionalità solo ed esclusivamente strumentale/calcolante-industriale (e su questo mi rifaccio alla Scuola di Francoforte), finalizzata a massimizzare il profitto privato capitalistico attraverso lo sfruttamento della biosfera e dell’uomo.[…] Il fatto che la crisi climatica sia stata lenta nel suo evolversi e nel suo accumularsi nel tempo [e la realtà virtuale ci ha fatto dimenticare la realtà della biosfera e che la crisi ambientale risale almeno agli anni ’70 del secolo scorso] ne ha impedito una presa di consapevolezza diffusa, il suo riconoscimento, la predisposizione per tempo delle soluzioni.
Un meccanismo psicologico che richiama la metafora delle rane secondo Noam Chomsky, ovvero se una rana viene buttata viva nell’acqua bollente di una pentola, comprende immediatamente la gravità della situazione e cerca di uscirne e salvarsi; se invece viene messa nell’acqua fredda e poi questa acqua viene fatta riscaldare lentamente, la rana non si accorge del ‘problema’, vive l’aumento della temperatura come una sorta di ben-essere o di comfort-zone [e questo sono il consumismo e il divertimento e i social] e quando l’acqua è diventata troppo calda è anche troppo tardi per mettersi in salvo. Il primo caso è quello della pandemia; il secondo, quello della crisi ambientale.
P.B. […] Abbiamo innescato da alcuni secoli – come esseri umani, ma ancor prima come occidentali dediti al culto della dismisura – il transito irreversibile dell’umanità intera al cosiddetto Regime Climatico o Antropocene. […] Prendere consapevolezza del fatto che Covid-19 è una proprietà emergente dei nostri sistemi disregolati di vita, mi è parsa fin dall’inizio un’opportunità da cogliere al volo. Invece, anche se non mi sorprende affatto, le principali reazioni delle istituzioni e dell’opinione pubblica sono state molto al di sotto della sfida. Pare, infatti, che in molti non vogliano accogliere il messaggio insito in questo evento – forse perché esso reclama un’inversione di rotta rapida e radicale – e perciò si affannano a confondere le acque. […] Credo davvero che il nichilismo ipermoderno tenda ad atrofizzare la nostra capacità di sentire la vita, di sdegnarci visceralmente per le ingiustizie, di prenderci a cuore una convivenza fragile su questo pianeta. Gli eccessi del razionalismo potranno essere mitigati solo se usciamo dal processo dissociativo che il potere innesca allontanando le persone da loro stesse e dai legami che le tengono in vita.
L.D. […] La vita deve tornare ad essere un’avventura che attiene al senso […]. Rinunciando alla potenza nichilistica del tecno-capitalismo e recuperando la gentilezza che è poi saggezza, che è poi ascolto, degli altri e della natura. Dunque: mai adattarsi al sistema, mai farsi ingegnerizzare dal sistema, ma costruire, generare, educare, immaginare altro e diverso. […] De-industrializzare quindi questa società-fabbrica dove non abbiamo più tempo per pensare un pensiero meditante/meditativo, ingabbiati come siamo in tempi-ciclo industriali sempre più intensi e accelerati […]. Senza con questo rottamare la ragione illuministica [butteremmo via il bambino con l’acqua sporca], ma solo quella strumentale/calcolante-industriale che ne è la negazione; ma poi occorre coniugare la ragione illuministica con una ragione ecologica e insieme con una ragione umanistica, per restare umani; una ragione capace di diventare responsabile davanti all’irresponsabilità cinica e nichilistica della ragione calcolante e capitalistica.
P.B. […] Al predominio del principio di Quantità io oppongo allora la piena rilevanza della Qualità (delle relazioni, dell’ascolto di sé, delle forme di lavoro, delle modalità di contatto con tutti i viventi…). All’Istantaneità della finanza, dei dispositivi di intrattenimento multimediali, dei processi produttivi e di consumo, oppongo il Darsi tempo, dunque la gradualità del sentire, la pazienza del corpo, il saper rimandare il soddisfacimento pulsionale. Alla Superficialità promossa dalla società dello spettacolo contrappongo la Profondità di un dialogo autentico con i sogni, con il dolore, con la creatività, con il molteplice che ci abita ed esige da noi un po’ di silenzio. Infine, alle Voglie oppongo la forza rivoluzionaria del Desiderio. […] La sfida, per chi non vuole cedere al peggio, è di proporre, nei contesti concreti di ogni giorno una logica e una prassi che siano alternative a quelle dominanti.
Paolo Bartolini – Lelio Demichelis (2021), La vita lucida. Un dialogo su potere, pandemia e liberazione. Postfazione di Miguel Benasayag. Collana Dissidenze, Jaca Book, Milano (anche in e-book).
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