“Intanto i tedeschi maltrattavano gli ebrei”
Le pagine scritte nel 1943 da una bambina ebrea che entrò in Svizzera da Stabio raccontano anche la nostra storia
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Le pagine scritte nel 1943 da una bambina ebrea che entrò in Svizzera da Stabio raccontano anche la nostra storia
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“Intanto i tedeschi maltrattavano gli ebrei; appunto noi eravamo di questi. Incominciammo quindi ad andare via da casa e pensammo di andare in Svizzera come facevano molti. Allora fai le valige di qua, disfa i sacchi di là, una cosa da impazzire.”
Bruna Cases, Diario
È la notte del 31 ottobre 1943. Un gruppo di undici ebrei milanesi in fuga dalle persecuzioni naziste avanza nel bosco, in direzione della Svizzera (“camminavamo al buio, in silenzio, inciampavamo nei solchi della campagna”) guidato da due contrabbandieri. I cuori dei fuggiaschi battono all’impazzata per il terrore di venire intercettati: in territorio italiano da fascisti e detrattori vari, in quello svizzero, dalle guardie di confine. Otto di loro ce la faranno, dopo avere attraversato il buco che uno dei passatori ricava nella rete di confine, sbucheranno a Stabio (“finalmente eravamo in terra libera”). Tre invece verranno respinti, e termineranno tragicamente i loro giorni ad Auschwitz.
Questa è la storia di Bruna Cases, che all’epoca era una bambina di nove anni, e la cui vicenda, dopo 79 anni, vede la luce sotto forma di un libro pubblicato dai tipi di Abendstern. L’incertezza, ma anche una grande curiosità e uno sguardo già lucido, spinsero la bambina ad affidare le proprie impressioni e preoccupazioni alle pagine di un Diario abbellito da una serie di disegni ricchi di dettagli, come ad esempio i campanelli appesi alle reti di confine per segnalare la presenza degli ebrei, o la garitta in cui per fortuna non c’era la sentinella.
Bruna Cases entrò in Svizzera in zona Montalbano/Monticello, a San Pietro di Stabio, a poche settimane e poche centinaia di metri di distanza dal punto in cui invano tentò l’ingresso il gruppo di cui faceva parte Liliana Segre. Fino a oggi Bruna Cases non è mai ritornata in quel luogo – individuato dal già comandante del Corpo delle guardie di confine IV Fiorenzo Rossinelli sulla base delle indicazioni del Diario – ma lo farà il prossimo 24 gennaio, accompagnata dal marito Giordano D’Urbino, che a sua volta si salvò rifugiandosi in Svizzera, passando dal Bisbino.
La vicenda dei due coniugi che, sebbene a lieto fine, fu punteggiata da momenti drammatici e di massima incertezza (come quando il padre della Cases finì all’Ospedale Italiano e a lei fu proibito avere sue notizie, o quando il fratello di D’Urbino finì nel famigerato istituto di Pollegio), verrà ripercorsa e rievocata durante la visita del 24 gennaio con uno streaming che andrà in onda sul sito di Naufraghi/e (dalle ore 14 alle 15).
Il 27 gennaio, per il Giorno della memoria, Abendstern in collaborazione con ATIS e l’Ufficio cantonale per l’integrazione degli stranieri, metterà a disposizione del pubblico un filmato di un’ora con immagini dai luoghi in cui si svolsero i fatti.
Diario di Bruna Cases, a cura di Simona Sala. Prefazione di Pietro Montorfani e postfazione di Fiorenzo Rossinelli, San Pietro, Abendstern Edizioni, 2022
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