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• 20 Febbraio 2023 – Enrico Lombardi

Nel periodo elettorale i contributi di candidate e candidati sono benvenuti sulla nostra zattera secondo queste regole

Viene da dar ragione a Bruno Costantini, che nella sua rubrica “Pensieri dal battellino” del CdT si soffermava sabato scorso sul grigiore di questa campagna elettorale, non tanto perché manchino le tradizionali polemiche o scaramucce, ma piuttosto perché il conclamato passaggio all’enunciazione di temi di fondo e di progetti politici è ben lungi dall’essere avvenuto: siamo e restiamo, alla sequela “di slogan e frasi fatte, a sinistra come a destra ognuno recita il suo consunto mantra”.

In cambio, sul fronte, appunto, delle polemiche e delle scaramucce, non mancano gli esempi, tutt’altro che esaltanti, di quanto sappia dare il nostro Cantone sul fronte della dialettica politica. Lo psico-congresso del PS che ha di fatto sancito l’elezione di Marina Carobbio in Consigio di Stato (dei mesi di sua assenza agli Stati si parlerà con tutto comodo quando sarà il momento … di non parlarne più), come sappiamo ha dato vita ad un nuovo schieramento (partitino?) portato avanti ed intorno alle ambizioni della (ex-)socialista scontenta Amalia Mirante, che occhieggia nel suo color fucsia sui social, fra un mercatino, una risottata ed un ballo in maschera.

Prospettive di successo quasi nulle (forse la s’ignora in rosa manderà il suo subentrante in GC) ma intanto permane il poco o nulla nell’approfondimento del confronto sui temi cari alla sinistra: Mirante attenua ed ammicca al centro (di verde, per lei, non c’è proprio nulla da dire); il PS raccoglie firme su salario minimo e aumenti delle casse malati (con un referendum che andrà spiegato bene agli elettori, visto che appare tutt’altro che immediato capire che si tratta di “rinunciare” ad una deduzione fiscale in nome di un principio di socialità così difficile da far passare fin nei banchi del Gran Consiglio); l’Mps, coerentemente con la sua vocazione “militante” e d’opposizione (anch’essa di principio) manda comunicati ed indìce riunioni seminariali, promettendo, di fatto, un altro quadriennio di mozioni e interrogazioni a raffica fra i banchi grancosigliari se non passasse un nuovo regolamento che permetta a tutti gli schieramenti politici di entrare nelle commissioni (e non, come finora, solo i partiti che hanno almeno 5 rappresentanti nel legislativo cantonale).

Fronte unitario (con i Verdi)? Mah, per ora nessuna traccia, in verità, se non su qualche volantino o nei bollettini del navigatore solitario Boas Erez. Di fatto prevalgono ancora le necessità di “portare a casa” con il minor danno possibile l’attuale legislatura e soprattutto l’immagine (alquanto scalfita o sbiadita) di un risentito (in tutti i sensi) Consigliere di Stato uscente, che di nuovo, insieme al proprio partito, si trova ad un passo dal dover affrontare una possibile Commissione parlamentare d’Inchiesta (e ancora una volta intorno a questioni tristissime di molestie ed abusi). Una brutta faccenda, che è troppo facile “scaricare” una volta di più addosso all’uso che ne fanno i media e che sarebbe piuttosto da affrontare in tutta trasparenza per non lasciarla in mano a chi ne fa, evidentemente, un uso alquanto strumentale ed elettoralistico.

Non par vero, infatti, a Lega ed Udc di trovarsi, servito su un piatto d’argento, un argomento che li faccia apparire uniti e compatti (nello sdegno, che è più facile) mentre fra loro si fanno quotidianamente le scarpe (elettorali) in una lista unitaria per il Governo mai così conflittuale, nello scontro non solo fra due candidati (l’uscente Zali e l’incandescente Marchesi) ma anche fra due strategie politiche di destra: rozzamente detto, quella populista e movimentista della Lega e quella blocheriana (e di palazzo bernese) di un’Udc tutta votata all’affermazione o riaffermazione di un’idea (forse mai esistita e alquanto “sovranista”) di neutralità.

Sin dagli slogan elettorali dei due partiti, la partita appare quasi paradossale: da una parte, quella leghista, si invoca la “continuità” (quella, per intenderci, di una presenza in un governo messo costantemente alla berlina dal proprio giornale domenicale che però, in queste settimane ospita regolarmente i due Consiglieri di Stato per diffondere il loro verbo e tutti i loro meriti); dall’altra la parola d’ordine è “cambiamento”, perché così non va (Marchesi dixit) e lui sarebbe pronto per far cambiare decisamente rotta all’esecutivo. In che senso, ci si chiede con curiosità e un po’ di ansia: ma in quello dettato in Gran Consiglio da Morisoli e Pamini (non quello delle figurine, ma forse delle figure da “coglionazzi”). Tagli, tagli e ancora tagli. E sgravi, sgravi e ancora sgravi. Insomma, i due slogan, apparentemente contrapposti, in verità collimano perfettamente, ecco il paradosso.

Ma del resto, non c’è da meravigliarsi: sono anni che la politica cantonale vive dentro questo contesto un po’ schizofrenico determinato da una destra che detta l’agenda (anche grazie ad un’opposizione tutt’altro che “ferma”) e nello stesso tempo protesta e schiamazza perché le cose debbano cambiare, in un continuo afflato movimentista (e, diciamolo, facilmente qualunquista) che raccoglie, ancora, numerosi consensi fra gli elettori, anche quando quest’ultimi dovessero diminuire (come ormai si paventa da più parti, visti gli esempi che ci circondano). Anche l’astensionismo li favorisce, insomma, e da quelle parti lo si sa benissimo.

Nella corsa alla “cadrega” (per dirla opportunamente in gergo leghista) si dice che solitamente è favorito “l’uscente”, ma che lo “sfidante”, se ha i giusti argomenti, porta una “ventata di novità”, può giocare le sue carte con successo. Di carte, Marchesi ne ha, anche in soldi: dalle notizie fornite nelle scorse settimane, pare essere quello che investirà di più nella propria campagna (almeno 50.000 franchi suoi, più quelli del partito).

Zali, da parte sua, ha infittito come non mai le apparizioni televisive (in ogni angolo del suo “territorio” ha qualche dichiarazione da fare) mentre Gobbi se ne sta beato con il piede in due scarpe (quelle che fa all’amico e collega) da doppio tesserato (Lega e Udc) e da capo di un dipartimento che, fra le varie cose, riscuote le nostre tasse di circolazione, quelle che sono cambiate repentinamente in base ad un nuovo calcolo, secondo cui paga di più chi ha la macchina più vecchia (ed inquinante, forse). Insomma, un SUV paga meno di una Panda, ma non è lì il punto: il fatto è che con busta ufficiale del Cantone, è giunta a casa di tutti noi la tassa da pagare con l’allegato di un documento ufficiale di “Strade sicure”, in cui campeggia il “santino sorridente” del capo dipartimento che ci spiega che per affrontare in modo consapevole i problemi del traffico è sempre buona cosa segnalare i cambi di direzione.

E così arriva anche la perla, “il monito educativo e simpatico di mio padre durante la scuola guida: fa mia l’indian, met fö la freccia”, che non si sa bene se sia un consiglio per Marchesi, ma certamente si sa che sta dentro un volantino elettorale di Norman Gobbi che paghiamo tutti noi [nell’immagine]. Oltre alla tassa di circolazione.






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