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Redazione
Redazione
Ucraina: Francesco ‘scomunica’...
• 23 Febbraio 2023 – Redazione

Nel periodo elettorale i contributi di candidate e candidati sono benvenuti sulla nostra zattera secondo queste regole

Di Riccardo Cristiano, Globalist

“Quella costruita sulle macerie non sarà mai una vera vittoria”. Questa semplice frase di papa Francesco a commento dell’orrore ucraino non è banale, è talmente importante che merita di essere spiegata bene. E per capirla bene dobbiamo brevemente alle crociate e poi ricordarci di re Salomone.

Nel 1095 papa Urbano II, al concilio di Clermont, rivolse un appello accorato ai Franchi, quale era lui stesso, visto che si chiamava Ottone di Lagery o di Châtillon. Tutti lo ricordiamo per il famoso “Deus vult”, cioè “Dio lo vuole”, con cui convocò la Prima Crociata. Ma leggendo bene quel discorso, e ricordando le condizioni in cui versava l’Europa a quel tempo, possiamo capire che Urbano II non era un invasato, un teocrate, ma un leader politico come molti leader odierni, e che la sua visione è molto diffusa perché aveva una logica stringente, noi oggi diremmo di “acuta e concreta visione geopolitica”. Disse infatti, come riportano tutti i testi ufficiali per spiegare la crociata che stava per indire: “Non vi trattenga il pensiero di alcuna proprietà, nessuna cura delle cose domestiche, ché questa terra che voi abitate, serrata d’ogni parte dal mare o da gioghi montani, è fatta angusta dalla vostra moltitudine, né è esuberante di ricchezza e appena somministra di che vivere a chi la coltiva. Perciò vi offendete e vi osteggiate a vicenda, vi fate guerra e tanto spesso vi uccidete tra voi. Cessino dunque i vostri odi intestini, tacciano le contese, si plachino le guerre e si acquieti ogni dissenso ed ogni inimicizia. Prendete la via del santo Sepolcro, strappate quella terra a quella gente scellerata e sottomettetela a voi.”

La scelleratezza che Urbano II imputava a quella gente contro la quale invocava il combattimento non consisteva in Gay Pride, nella legittimazione in molti o in pochi casi dell’aborto, ma ricordava da vicino la logica geopolitica di Vladimir Putin. Urbano II esprimeva la visione del Cremlino molto meglio di quanto il discorso di Putin faccia oggi. Tanto che quel discorso di un millennio fa lo potremmo tradurre così: “non pensate alle attuali proprietà che avete, ma considerate che perdendo l’accesso al Mar Baltico prima e al Mar Nero poi, rispetto alla condizione in cui eravamo ai tempi dell’Unione Sovietica, perderemmo sbocchi cruciali per la nostra economia, anche se parte del Mar Nero rimarrebbe a nostra disposizione, ma senza infrastrutture e porti decisivi. La nostra terra sebbene ampia nelle steppe perderebbe territori ricchissimi di grano e di miniere, come l’Ucraina e il Donbass in particolare e questo ci marginalizzerebbe, ci impoverirebbe, portandoci a offenderci e a osteggiarci a vicenda, con il rischio di un’implosione della nostra Federazione. L’espansione a Occidente ci è vitale da un punto di vista di risorse e di strategia mercantile. Prendiamo la strada di Kiev, del Doneckij bassejn (Donbass) strappiamo quella terra a quella gente scellerata e sottomettiamola a noi”.

Grazie a Urbano II il discorso di Vladimir Putin diventa più logico: feroce, ma non folle. Il fatto però è che Putin non ha avuto il coraggio di Urbano II, neanche un millennio dopo (ci manca poco), questo discorso lui non lo ha fatto. Lui ha rinnovato l’accusa agli ucraini di essere nazisti (interessante che questi nazisti siano slavi e molto spesso ortodossi come lui), avvitandosi in una critica all’Occidente che sosterrebbe i nazisti che detta così non ha alcun senso storico, visto che l’intervento statunitense nel secondo conflitto mondiale fu essenziale per sconfiggere proprio i nazisti, mentre l’abbraccio “fraterno” di Mosca all’Ucraina provocò il genocidio dei kulaki.

Così quella distruzione di ciò che si vuole, si brama, come il Donbass o la costa del Mar Nero, diviene la vera follia, come ha spiegato, nella sua indiretta ma fortissima risposta a Vladimir Putin proprio papa Francesco, cioè colui che ha archiviato la logica geopolitica di Urbano II per una logica cristiana. Intervenendo infatti. proprio oggi sull’Ucraina papa Francesco ha detto: “quella costruita sulle macerie non sarà mai una vera vittoria”.

Questa logica assoluta vale ovviamente anche per gli ucraini, che se non hanno invaso loro il loro territorio farebbero bene a considerare che è meglio un negoziato che parte dal ritorno allo stato quo ante che la totale distruzione del loro Paese. Ovvio però che il redimenti primo è per la Russia: cosa se ne farebbe di un Donbass ridotto in macerie, di una costa incenerita, il Cremlino? Cosa se ne farà di un contesto slavo che li odierà ancor più di quanto li odii a causa dell’analogo comportamento russo sotto le effigi sovietiche?

Queste parole di Francesco dovrebbero guidare anche noi, per evitarci che dopo essere finiti con l’andare allo stadio come si va in guerra si finisca con l’andare in guerra come si va allo stadio. Il sacrosanto principio che molti pacifisti dimenticano è la difesa del diritto internazionale, caposaldo di ogni civile convivenza. Ma questo caposaldo l’Europa sa bene che non può valere l’impiccarsi a un cavillo, ma deve dimostrare di sapere tutelare l’essenza – i popoli hanno i loro inalienabili diritti- con la prospettiva, cioè un diverso concerto europeo per la sicurezza e la cooperazione che dia il legittimo a tutti.

La domanda di Francesco così ci ricorda la proverbiale saggezza di Salomone. Quel grande re viene non capito ancora oggi dai fanatici del “cavillo” come da quelli del cinismo geopolitico. Quando le due donne che si dicevano madri dello stesso figlio comparvero davanti a lui, lui non emise nessuna “sentenza salomonica “ordinando di tagliarlo a metà, mezzo per l’una e mezzo per l’altra. Ma smascherò la falsa madre, visto che infatti il racconto procede con la vera madre che scoppiò in pianto disperato, dicendo di darlo anche all’altra purché fosse salvo. Ecco, senza poter arrivare a dire a Putin “prenditi mezza Ucraina purché sia tutta salva” l’offerta di ripartire dallo stato quo ante, cioè dalle condizioni del 24 febbraio dello scorso anno, per costruire un nuovo meccanismo di sicurezza e cooperazione lo metterebbe a mio avviso davanti alla falsità dei suoi proposti anche agli occhi dei russi.

Nell’immagine: Il giudizio di Salomone, affresco nella chiesa di Frauenberg (Austria), dettaglio






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