Vincoli o sparpagliati?
Unità di vedute e divergenze, fra comunicati ed esternazioni sul tema dell’autogestione
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Unità di vedute e divergenze, fra comunicati ed esternazioni sul tema dell’autogestione
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• – Franco Cavani
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• – Olmo Cerri
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Unità di vedute e divergenze, fra comunicati ed esternazioni sul tema dell’autogestione
Nelle prime due settimane del nuovo anno, iniziato, più che coi botti, con i postumi delle botte e delle pallottole di gomma intorno alle macerie dell’ex-Macello a seguito della fugace “rioccupazione” e del conseguente sgombero di polizia, assistiamo nuovamente ad una polarizzazione del confronto sul tema dell’autogestione.
Così, mentre “Naufraghi” proponeva un intenso ottavo episodio del podcast “Macerie” in cui si tocca un momento cruciale e doloroso del percorso del movimento a Lugano, con un cambio e un strappo nella conduzione della lotta che si manifesta genericamente oggi come più disillusa e meno aperta al confronto, un comunicato del CSOA ribadisce proprio questi aspetti, rilanciando la “sfida” ad un Municipio e ad un apparato istituzionale che non si intende riconoscere come interlocutore.
Si sa, lo si è sempre saputo, il fenomeno dell’autogestione, per principio, mette insieme e compone, sulla base di decisioni unanimi e assembleari, esperienze personali diverse, che non sempre convivono facilmente, ma che, in un certo senso, si definiscono unitariamente proprio in base all’idea di condivisione fondata su presupposti alternativi a quelli che informano (forse) l’idea di convivenza come viene gestita dalle istituzioni comunali e cantonali, specie in questi ultimi anni.
Una articolata presa di posizione di Bruno Brughera pubblicata proprio dal nostro sito (“Qualcosa non torna”) ha per la prima volta aperto la discussione, “dall’interno” anche sulle “strategie” dell’attuale fronte autogestito, che paragonato a stagioni precedenti, mostra qualche incrinatura preoccupante, specie per chi, come lo stesso Brughera, cerca di suggerire, con le proprie riflessioni, qualche possibile via d’uscita all’impasse in cui l’esperienza luganese si sta dibattendo in questi mesi.
Si tratta forse, dentro le varie forme di “confronto fra diversità”, anche di una questione generazionale, che si può pure ritrovare, sempre in questo sito, negli interventi di Danilo Baratti e Martino Rossi.
Sul versante istituzionale, un Municipio che ha dato prova, ancora una volta, e in modo sempre più plateale, di non saper bene cosa fare, mandando Badaracco a discutere con i molinari dopo aver fatto sgomberare, a sua insaputa, l’area dell’ex-Macello, si è sentito in dovere, su suggerimento del “nuovo entrato” Tiziano Galeazzi, di discuterne al proprio interno nella prima seduta dell’anno, per trovare una posizione comune e condivisa.
E già pare paradossale che a questo proposito il Municipio sia arrivato su impulso del suo membro UDC, ovvero della forza politica che sta raccogliendo le firme per sbattere fuori tutti gli autogestiti da Lugano (come lo stesso Galeazzi aveva sostenuto legittimo anche in interventi televisivi).
Sta di fatto che l’esecutivo cittadino si è riunito ed ha rilasciato dichiarazioni concilianti, dicendosi, per bocca del sindaco Foletti, ancora e sempre disposto a trovare forme di dialogo per risolvere la questione (vedi “La Regione” del 13.1.22). Uniti e compatti, unanimi nel dichiararsi pronti a dialogare, basta che vi sia da parte del movimento un interlocutore designato e autorizzato a parlare (la loro lingua, verrebbe da aggiungere, ma è implicito).
Uniti e compatti, appunto. Per due o tre giorni, non di più, guai. Perché già la domenica, “Il Mattino” ha trovato modo di sconfessare qualsiasi condivisa apertura con un articolo firmato “Cip e Ciop” che non solo ribadisce tutto lo sprezzo verso i brozzoni e chi li sostiene, ma che approfitta dell’opportunità per sparare diritto contro il Partito Liberale ed il Municipale Badaracco (che fra i tanti torti ha quello, capitale, di aver indebitamente sottratto il cadregone di vice-sindaco a Lorenzo Quadri, in arte Cip e anche Ciop).
Siamo così tornati alla deprimente normalità di un esecutivo che ripropone e reitera quei comportamenti che hanno non poco minato la sua credibilità presso parte della cittadinanza e dell’opinione pubblica, e che rappresentano un aspetto non secondario di legittimità della rabbia e dello sconforto del fronte antagonista.
Come non bastasse, dopo 24 ore, ecco apparire Karin Valenzano Rossi a “Piazza Ticino”, in diretta streaming sul portale Tio. Venti minuti di intervista tutti dedicati alla vicenda dei molinari, in cui l’adrenalinico giornalista Patrick Mancini, di fronte ad una municipale tutta dedita a mostrarsi ben disposta persino nel considerare l’opportunità di mandare l’argomento in votazione consultiva (?) non ha pensato di porle alcuna domanda su quanto avvenuto al suo collega di partito in Municipio. E naturalmente lei si è ben guardata dal sollevare la questione, così, magari per dirsi dispiaciuta. Ma no, che diamine!
Insomma, ognuno pensa a sé, fa il proprio verso (dicendo ovviamente che è pienamente condiviso, e legittimato dalle responsabilità istituzionali). Come diceva Peppino De Filippo, tutti un po’ vincoli e un po’ sparpagliati. Nella citata intervista, Valenzano Rossi rivela poi un aspetto curioso, fatto passare un tantino sottotraccia: in Municipio si sarebbe così ben disposti al dialogo che un incontro con “realtà disposte a portare avanti modelli di autogestione” è già avvenuto e probabilmente porterà all’individuazione di uno spazio che il Comune concederà per “iniziative autogestite”.
Attività ed iniziative autogestite: già, ma cosa dobbiamo intendere con questa definizione? Non è certo difficile immaginare che, qualora il fatto fosse vero e confermato, in Municipio si sono presentati organizzatori di eventi culturali indipendenti che hanno chiesto spazi pubblici per promuovere la loro attività. Del resto lo fa anche il circo Knie, per dire. Ma è questa l’idea di autogestione? Per il Municipio, e per KVR, evidentemente è l’unica accettabile, anzi, tollerabile. Nani e ballerine.
Che “autogestione” sia un progetto aggregativo alternativo di portata politica e sociale neanche a parlarne. E infatti non se ne parla e non ci si parla.
Chissà se in una prossima assemblea gli autogestiti proveranno a discuterne, almeno fra loro, prima che qualche altro loro improprio (e impropriamente strumentalizzato) rappresentante tolga loro pure le macerie da sotto i piedi.
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