Come volevasi dimostrare
Polemiche e battibecchi post-elettorali e dopo la decisione presa dal Governo cantonale di non indire le suppletive per gli Stati
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Polemiche e battibecchi post-elettorali e dopo la decisione presa dal Governo cantonale di non indire le suppletive per gli Stati
• – Enrico Lombardi
A proposito di mancate suppletive e delle reazioni di politici e stampa - Di Aurelio Sargenti
• – Redazione
Con un ricordo del noto trombettista jazz Paolo Fresu
• – Redazione
Sempre si produce distruzione dove è coltivata e premiata la brama di possedere ancora e ancora di più nel minor tempo possibile: la lezione del crollo di un’istituzione “sistemica”
• – Fabio Merlini
Incontro con la fondatrice e caporedattrice di “Nasha Gazeta”, il primo quotidiano online in lingua russa della Svizzera
• – Bruno Giussani
E il 65% dei bambini che nel mondo sono in età di scuola primaria faranno un lavoro che oggi non esiste
• – Redazione
Già un secolo e mezzo fa Marx si interrogava sul rapporto fra capitale e natura, fra crescita e sviluppo; una questione centrale per un’alleanza rossoverde
• – Lelio Demichelis
L'organizzazione umanitaria ha annunciato di dover adottare misure drastiche per riequilibrare le proprie finanze. E all’interno salgono forti e chiare le voci di dissenso
• – Redazione
Il governo Meloni inventa un nuovo reato per punire severamente gli ambientalisti
• – Redazione
L’ex presidente in tribunale è solo teoricamente ‘agli arresti’; e la giustizia americana troppo politicizzata non è un modello virtuoso
• – Aldo Sofia
Polemiche e battibecchi post-elettorali e dopo la decisione presa dal Governo cantonale di non indire le suppletive per gli Stati
Il rischio di apparire “antipatici” è alto, certamente, ma non impedisce di doversi chinare con inquietudine ed imbarazzo su una scena post-elettorale che in casa socialista sta esprimendo tutte le ambiguità che ne hanno contraddistinto la campagna elettorale, e di dover dire che quel che sta avvenendo “era del tutto prevedibile”.
Non si tratta solo di fare i conti con una sconfitta elettorale ammessa con franchezza dalla codirezione del partito, ma anche di considerare che i mesi di campagna all’insegna di un “progetto nuovo” come quello dell’alleanza rossoverde, un progetto fondato sui temi e non sulle persone e sui personalismi, ha avuto i suoi punti focali in una battaglia sui nomi molto più che sulle idee, a detrimento non solo dell’esito elettorale, ma della stessa adeguata riflessione e condivisione di questo impegnativo progetto, sia in casa rossa che in casa verde.
Il fatto è che accomunare le istanze di giustizia sociale e giustizia climatica per declinarne gli aspetti concreti, significava (e significa) investire tempo ed energie per trovare non poche convergenze (per ora tendenzialmente parallele), nel mettere in relazione in modo convincente (ed elettoralmente vincente) la difesa di principi inalienabili presi a sé stanti, ma tutti da ridefinire se associati. Prendiamo il tema “lavoro”: in chiave “rossoverde” andrà pur definito “quale lavoro”, possibilmente dentro il solco di una fase di transizione (ecologica ed economica) che necessita una profonda rivalutazione di obiettivi e priorità. Si dovrà pur arrivare a discutere di “crescita e decrescita” per esempio, e senza tabù. Insomma, è un percorso pieno di incognite, di possibili contraddizioni, che vanno affrontate e chiarite preliminarmente, prima di lanciarle come slogan e poco più dentro il contesto di una campagna elettorale.
E infatti, il Congresso socialista del novembre dello scorso anno (quello definito qui da Virginio Pedroni come “una pagina non certo gloriosa” della storia recente del partito) ha letteralmente mostrato la corda, concentrato, com’è stato, nel risolvere una volta per tutte la “questione Mirante”. La drammaturgia di quel Congresso, la sua stessa “scaletta”, fatta apposta per arrivare all’esclusione dell’ambiziosa economista “ibrida” (proprio come il partito che lei ha formato e ha così definito, senza che in quest’ibrido vi sia nulla di ecologico) dice molto delle non indifferenti dosi di ambiguità che hanno contraddistinto poi tutta la campagna PS.
Se da una parte può risultare assolutamente legittimo (magari anche necessario) che un partito che si lancia in un alleanza strategica (complessa e qualificante) a medio e lungo termine espunga dalle sue file chi è totalmente estraneo a quella strategia (e per di più vuole comunque candidarsi), non sarà passato inosservato che questa operazione ha coinciso con la indiscutibile “blindatura” della candidatura Carobbio nella pressoché totale mancanza di un confronto di idee sul progetto. Non solo, il Congresso ha anche eluso, fra le altre, una questione (sollevata da un unico intervento) che ora diventa oggetto di scontro: quella delle elezioni suppletive per il posto lasciato vacante da Marina Carobbio agli Stati.
Nell’intervento che pubblichiamo oggi in altra pagina, Aurelio Sargenti la definisce una “non questione” di cui temeva si sarebbe parlato durante la campagna e che ora, con sua sorpresa, ancora accompagna i primi giorni di attività del nuovo Governo nella nuova legislatura. Ma no, era tutto prevedibilissimo: che il tema non trovasse particolari echi e men che meno soluzioni finché non si fosse arrivati al dunque, il 3 aprile; che improvvisamente lo spauracchio delle suppletive riemergesse, e non perché l’ha fatto riemergere “certa stampa”, ma perché nel gioco ( strumentale finché si vuole) delle reazioni degli altri partiti, era logico che riaffiorasse, magari anche come pretesto per “sparare” su un partito già in difficoltà di suo dal punto di vista dell’esito elettorale.
Così, una volta ancora, e di più, il dibattito si concentra su uno scontro intorno a scelte che non hanno nulla a che vedere con il “progetto”, ma solo ed esclusivamente con una gestione della campagna che si può definire nei modi più diversi: poco accorta, ingenua, incompresa, velleitaria, personalistica, verticistica, in ogni caso certamente lacunosa, che ha dato i risultati che ha dato, suscitando prevedibilissime reazioni negli altri partiti (tanto più in quelli che si vogliono prendere qualche vendetta personale). Che c’è di diverso dal solito, cos`è che chi fa politica riesce a considerare sorprendente?
Non manca poi anche un che di autolesionistico, diciamocelo, perché un PS come quello che oggi si confronta con una sconfitta elettorale che lo costringe addirittura a protestare per le proporzioni (improvvisamente inopportune) nell’assegnazione dei posti in commissione, insomma, un partito messo all’angolo, costretto a giocare sostanzialmente in difesa (e con una rappresentanza parlamentare ampiamente virata su “new entry”) di fronte alla questione delle suppletive si ritrova in una condizione (colta al volo dai partiti avversi) desolatamente perdente a priori: se si fosse scelto di andare a votare (spendendo mezzo milione per poco o nulla) la colpa sarebbe stata del PS (e di Carobbio); se non si vota, com’è stato deciso, si va contro la legge, per colpa di chi (che ha pure votato sulla propria scelta)?
Per tutta l’area progressista, questo pare essere davvero un momento complicato e doloroso: certo, scuola, cultura e sport, nelle mani di Marina Carobbio potranno avere una gestione che sarà sicuramente qualificata, attenta, scrupolosa, forse anche coraggiosa. Ma il contesto generale, in Governo, in Parlamento, nel Paese, alla luce delle elezioni e del post-elezioni, non è per nulla incoraggiante. E portare giustamente avanti il “progetto rossoverde” è un’impresa titanica, che esige un ampio coinvolgimento di voci e pareri. Forse è il momento di cambiare davvero, per tutto il fronte, in risposta alla frammentazione e ad un’agenda politica che sarà dettata ancor più dalle ambigue mosse “di opposizione” democentriste.
Perché forse val la pena di considerare che c’è chi dice di fare opposizione e mena gesso e torrone, mentre c’è chi dovrebbe farla ma la sacrifica sull’altare del consociativismo. Qualcosa non torna. Forza e coraggio.
Nell’immagine: e forse non è stato neanche un rivolo
Di tifosi e calciatori che si proteggono ed esibiscono in nome della propria storia