Crisi energetica e opzione nucleare: una scelta politica poco realistica e che non offre sufficienti garanzie
Lo afferma, in questa intervista, Massimo Filippini, professore di economia politica all’USI e al Politecnico di Zurigo
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Per raggiungere l’obiettivo “emissioni 0 entro il 2050” abbiamo a disposizione tecnologie alternative migliori, più pulite ed economicamente più interessanti del nucleare. Penso in particolare all’energia solare, eolica e idroelettrica. L’energia nucleare potrebbe tornare a essere interessante solo se:
Da ultimo, non bisogna dimenticare che, sebbene siano stati fatti dei progressi importanti nella sicurezza del funzionamento degli impianti, non si possono escludere incidenti. A questo proposito, un recente rapporto dell’amministrazione francese (“Institut de Radioprotection et de Sûreté Nucléaire”) indica che un incidente grave può comportare dei costi fino a 450 miliardi di euro. Da notare, che l’assicurazione responsabilità civile delle centrali nucleari copre circa 2 miliardi di danni, dopodiché è lo Stato che deve intervenire con risorse dei contribuenti.
Da un punto di vista tecnologico, le centrali nucleari in costruzione in Europa sono di “terza generazione”. Si tratta di una nuova tecnologia che ha raggiunto la fase commerciale e che presenta miglioramenti nella sicurezza del funzionamento rispetto alle centrali di “seconda generazione”. Oggi si parla molto di centrali nucleari di “quarta generazione”. Importante ricordare che questa tecnologia è ancora in fase di sviluppo e quindi non ancora commerciabile. Si stima che lo sarà attorno al 2030-2035. Solo allora sarà possibile verificare con eventuali progetti concreti e commerciali realizzati in Europa, i veri vantaggi di questa nuova generazione di centrali nucleari.
Basare le scelte future nel settore energetico su una tecnologia che non è ancora nella fase commerciale e non ha quindi dimostrato di essere veramente competitiva, né di aver risolto tutti i problemi tecnici, mi sembra azzardato. Il rischio attuale nel dibattito politico è di distrarci da una strategia energetica basata sullo sviluppo di fonti rinnovabili e ed efficienza energetica e sostenuta da più studi scientifici. Basti citare quello dell’Energy Science Center dell’ETH Zurigo e l’altro del consorzio formato dal Paul Scherrer Institut, dall’ETH di Zurigo, dall’EPFL di Losanna, dall’EMPA e dalle università di Basilea, Ginevra e Lucerna.
Per raggiungere la neutralità climatica abbiamo bisogno di puntare sulle fonti di energia rinnovabili, in particolare il solare fotovoltaico, sul miglioramento dell’efficienza energetica, sulla digitalizzazione dei processi di consumo e di produzione di energia elettrica e su una buona integrazione del settore elettrico svizzero in quello europeo. Dobbiamo essere più determinati nelle scelte di politica energetica. Si tratta di definire ed implementare in modo più incisivo un buon mix di strumenti di tipo monetario e non monetario. Per quanto concerne le misure monetarie si può pensare a maggiori sussidi per favorire il rinnovo degli stabili e dei sistemi di riscaldamento e all’introduzione anche nel settore dei trasporti di una tassa sulle emissioni di CO2. In questo caso, sarebbe importante disegnare una tassa CO2 con un sistema di ridistribuzione delle entrate che favorisca le economie domestiche che appartengono alle fasce di reddito medio-basse e le regioni periferiche.
Oltre a misure di tipo monetario, bisogna rafforzare le misure non monetarie come ad esempio gli standard energetici, i programmi d’informazione e i cosiddetti “nudges”, vale a dire strumenti, incentivi che spingono l’individuo ad adottare un comportamento interessante per sé e per la società. Si tratta di strumenti basati sul concetto di “paternalismo libertario” dove gli individui e le aziende sono invitati, ma non obbligati, a fare scelte più consapevoli e orientate allo sviluppo sostenibile del sistema energetico. Le etichette energetiche sono un esempio di “nudge”.
Da ultimo, è importante che a livello politico si garantiscano le condizioni quadro che permettano al settore elettrico svizzero di continuare ad essere integrato in quello europeo. Da notare, che questa integrazione porta benefici sia alla Svizzera che all’Europa.
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