Il pallone sgonfiato
Dopo l’abbattimento, nei cieli americani, di una gigantesca mongolfiera cinese si riaprono tutti gli interrogativi e le preoccupazioni su una possibile ed auspicata “distensione” fra USA e Cina
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Dopo l’abbattimento, nei cieli americani, di una gigantesca mongolfiera cinese si riaprono tutti gli interrogativi e le preoccupazioni su una possibile ed auspicata “distensione” fra USA e Cina
• – Roberto Antonini
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• – Gabriele Nissim
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• – Orazio Martinetti
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• – Redazione
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• – Gabriele Nissim
Opporsi di fatto agli agli accordi di Parigi sul clima significa negare la prospettiva drammatica cui ci riconducono tutte le ricerche scientifiche più accreditate - Di Matteo Buzzi
• – Redazione
Dopo l’abbattimento, nei cieli americani, di una gigantesca mongolfiera cinese si riaprono tutti gli interrogativi e le preoccupazioni su una possibile ed auspicata “distensione” fra USA e Cina
La versione di Pechino secondo cui il pallone che volava a un altitudine di 18mila metri è uscito inavvertitamente dalla sua rotta mentre svolgeva una missione scientifica, appare molto sospetta e poco credibile. Anche se non la si può escludere. Per il Congresso degli Stati Uniti, a cui la vera o presunta minaccia esterna consegna l’inedita opportunità per una nerboruta retorica bipartisan, non vi sono proprio dubbi. Si trattava di un pallone spia.
Anche Donald Trump, nel tentativo di riemergere dalla penombra, non si lascia sfuggire l’occasione per anticipare Joe Biden: sul suo sito web pubblica l’ordine perentorio, ingagliardito dai caratteri maiuscoli « SHOOT DOWN THE BALLOON !». Per il segretario alla difesa Lloyd Austin la missione del pallone è chiara: è stato localizzato sopra la base militare del Montana dove sono dispiegati 150 missili intercontinentali ed è in grado di raccogliere dati sulle onde elettromagnetiche e sulle informazioni diffuse tramite le frequenze radio.
E’ comunque probabile che il pallone non costituisse una vera minaccia, ma la sua presenza nei cieli americani ha assunto una forte valenza geopolitica. Alcuni osservatori sostengono che si sia trattato di una provocazione voluta da Xi Jinping come messaggio interno alle frange cinesi più nazionaliste. Un’ipotesi che lascia perplessi anche perché recentemente, dopo l’incontro di novembre al G20 di Bali, in Indonesia, tra i due presidenti, Pechino ha manifestato a più riprese il desiderio di riaprire il dialogo con Washington.
Richard Haas, ricercatore alla Brookings Institution nonché uno dei massimi esperti di relazioni diplomatiche, aveva evidenziato l’atteggiamento più conciliante di una Cina alla ricerca del rilancio dopo la gestione rovinosa della pandemia. La presenza a Davos di Qin Gang, ministro degli esteri fresco di nomina, è stata interpretata come un chiaro segnale distensivo lanciato da Pechino all’Occidente.
Sfuma così, dopo un’attesa di sei anni, il primo summit dei ministri degli esteri delle due potenze mondiali. Un’importante occasione persa. La cancellazione della visita di Antony Blinken in Cina , conseguenza immediata e scontata della crisi del pallone cinese, rinvia quel processo di disgelo in grado di riaprire uno spiraglio di luce proprio in uno dei momenti peggiori della diplomazia mondiale del dopoguerra.
Il crescendo di tensioni alimentato dalle accuse americane di concorrenza sleale, di violazione dei diritti umani, dall’apertura di quattro basi militari statunitensi nelle Filippine e diventato esplosivo sulle questione del futuro di Taiwan, è estremamente insidioso. Anche perché si somma alla guerra ucraina che rischia di sfuggire di mano a ogni momento al paese aggressore, una Russia che si appella alla Cina, alleata seppur diffidente, in chiave anti-occidentale.
Scritto per laRegione
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