Kursk, uno smacco (provvisorio?) per Putin
Sfondamento ucraino e occupazione militare di una piccola parte di Russia storicamente molto simbolica; Kiev si prepara al negoziato? Un’illusione, dice il capo del Cremlino
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Sfondamento ucraino e occupazione militare di una piccola parte di Russia storicamente molto simbolica; Kiev si prepara al negoziato? Un’illusione, dice il capo del Cremlino
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Sfondamento ucraino e occupazione militare di una piccola parte di Russia storicamente molto simbolica; Kiev si prepara al negoziato? Un’illusione, dice il capo del Cremlino
È passata ormai più di una settimana dall’inizio dell’offensiva ucraina nella provincia di Kursk e il pessimismo che da tempo aleggiava sulle possibilità di Kiev di riprendere l’iniziativa militare sembra dissolto. Non si tratta, come ormai è evidente, di un’operazione di alleggerimento o diversione, ma di un’azione militare che ha anche chiaramente degli obiettivi politici: Zelensky vuole far riprendere fiducia agli scettici alleati occidentali e giungere alla stagione del fango e alle elezioni americane in una situazione meno compromessa e più aperta.
Dieci mesi fa la situazione sembrava per gli ucraini vicina al collasso. Le forze di terra di Kiev avevano esaurito la loro controffensiva a Sud. Allo stesso tempo una controversa proposta di legge per estendere la mobilitazione si era arenata nel parlamento ucraino, mentre la carenza di manodopera del Paese si faceva sentire.
Tuttavia, secondo Mick Ryan, generale americano in pensione che ha seguito da vicino e sin dall’inizio l’evoluzione del conflitto, “negli ultimi sei mesi la Russia non è riuscita a capitalizzare questa convergenza di aperture. Ha lanciato attacchi aerei e missilistici contro la rete elettrica ucraina e ha terrorizzato i civili. Tuttavia le forze di terra russe sono riuscite a conquistare solo piccole porzioni di territorio. Complessivamente la quantità di territorio conquistato dalla Russia dal gennaio 2024 ammonta a circa 932 km quadrati, un’area grande circa due terzi della città di New York”. Un’area significativa ma che non ha certo entusiasmato il Cremlino.
Questo non significa che a Kiev possano dormire sonni tranquilli, come dimostrano i massicci bombardamenti di questi giorni sulla capitale. Le forze di Mosca non hanno concluso la loro offensiva. Continuano ad attaccare su più fronti sul terreno e a bombardare le infrastrutture ucraine dall’aria. Malgrado ciò, come nel caso dell’Ucraina nell’estate del 2023, l’offensiva russa potrebbe aver superato realmente lo Zenith ed essere in fase calante.
Ciò vuole dire che con “l’operazione Kursk” stiamo assistendo a una ripresa di forza e di credibilità di Zelensky rispetto al suo popolo? È presto per dirlo anche perché non tutto dipende solo da lui: il pallino per ora resta a Mosca, anche se non più saldamente come sembrava.
Come sostiene ancora Ryan, “nonostante le enormi perdite di soldati e di equipaggiamento, l’esercito russo rimane straordinariamente pericoloso. Sta producendo missili e razzi a lungo raggio che possono piovere sulle infrastrutture ucraine. Ora è in grado di compensare le proprie carenze rifornendosi di armi dai suoi partner iraniani e nordcoreani. Mosca può acquistare dalla Cina tecnologie a doppio uso – beni che hanno scopi sia civili che militari, come i microchip”.
In questo quadro il governo ucraino può tuttavia rimandare almeno per un po’ l’idea di una trattativa frettolosa e pasticciata con la Russia, che porterebbe inevitabilmente a disastrose concessioni territoriali, eventualmente anche a una spaccatura verticale nella società, un po’ come avvenne quando l’Irlanda fu costretta nel primo dopoguerra, dopo una lunga lotta per l’indipendenza, a concedere agli inglesi il controllo dell’Irlanda del Nord.
Da parte russa, in questo momento il bicchiere appare già più mezzo vuoto che mezzo pieno. L’attacco su Kursk ha avuto un effetto demoralizzante. I mass-media di Mosca sono rimasti spiazzati dall’inaspettata offensiva ucraina e hanno dovuto rapidamente cambiare narrazione, insistendo sulla partecipazione britannica alla pianificazione dell’azione da parte ucraina. Putin ha riunito i suoi, ma ha atteso alcuni giorni per dichiarazioni significative; come quella di ieri, quando ha affermato che Kiev si illude se spera di rafforzare la propria posizione negoziale per una trattativa che Mosca, ha sottolineato, nemmeno prende in considerazione.
Eppure per i russi la provincia di Kursk ha un significato simbolico particolare. A Kursk si combatté una delle battaglie decisive dall’Armata Rossa contro uno degli ultimi tentativi di offensiva tedesca nel 1943. Non ha l’importanza di Stalingrado, ma poco ci manca.
“Gli ufficiali di Putin – ci racconta un conoscente appena giunto dalle zone dei più aspri combattimenti degli ultimi giorni – stanno cercando di infondere lo stesso tipo di carica che provocò lo scontro della Seconda Guerra Mondiale incitando le truppe alla “guerra contro l’invasore” ma con risultati per ora modesti. Nessun soldato russo crede veramente che gli ucraini vogliano occupare o addirittura annettere quella porzione di territorio”.
La gran parte dei russi in questo periodo sta gustando gli ultimi scampoli della breve estate nelle dacie o, per chi ne ha le possibilità, nei resort della Turchia e della Thailandia, e tutto hanno in testa meno che rispondere alla mobilitazione.
“Da quando a Kursk è stato dichiarato lo stato di emergenza – rivela inoltre il nostro interlocutore – il controllo del territorio ancora in mano russa è passato dall’amministrazione civile all’FSB, i servizi segreti, che stanno cercando in tutti i modi di reclutare per i combattimenti tutti gli uomini della zona, ma anche qui senza risultati apprezzabili. Anzi molti, con le famiglie, stano cercando rifugio in altre città del centro e del nord della Russia, in particolare da parenti e amici”. Un piccolo esodo dove si caricano in macchina spesso poche cose essenziali sperando di poter tornare a breve alla propria vita nei luoghi dove si è sempre vissuti. “Più che voglia di combattere, tra queste persone c’è rassegnazione per una guerra che si era promesso sarebbe durata poco e si sarebbe conclusa con una brillante vittoria e di cui ora si stenta a vedere una logica”, conclude il nostro conoscente, che per ora ha trovato un alloggio di fortuna a Mosca: città dove il lavoro si trova velocemente ma dove l’inflazione sta continuando a erodere i salari.
Se il pieno controllo delle operazioni da parte dei servizi di intelligence russi dovesse diventare completo ed effettivo nei prossimi giorni, ci potremmo trovare di fronte a una nuova sterzata nella tattica militare del Cremlino. Alexander Bortnikov, il direttore del FSB, è considerato un silovnik (un duro) che ha sempre considerato essenziale la presa ferrea dei servizi sull’esercito ai tempi di Stalin e che la ritiene giustificata anche in condizioni storiche diverse. Tuttavia, allo stesso tempo, l’intervento massiccio e in profondità sul territorio dei servizi russi potrebbe indicare che la leadership ha smesso di fidarsi del capo di Stato Maggiore Valery Gerasimov. Il generale aveva garantito che lo sconfinamento delle forze armate ucraine su territorio russo sarebbe stato schiacciato nel giro di un paio di giorni, ma ora è evidente che ci sarà bisogno di più tempo e con la concentrazione di maggiori forze, probabilmente di reparti corazzati di eccellenza.
È improbabile che ora vengano intraprese azioni repressive contro tutto il corpo dello stato maggiore, dopo le decapitazioni al vertice del Ministero della Difesa seguite alle accuse di corruzione contro alcuni dei suoi principali dirigenti: tuttavia, risulta evidente che a questo punto Putin non possa tenere le bocce forme e debba impegnare la sua squadra in una situazione più complicata del previsto. Così in questo momento è difficile pensare che per la “seconda battaglia di Kursk” lo zar non pagherà dei prezzi in chiave politica e di immagine, anche se la Russia dovrebbe avere ancora la forza, nel giro di qualche settimana, per respingere gli ucraini dietro i loro confini.
Nell’immagine: soldati ceceni catturati nella zona di Kursk dall’esercito ucraino, secondo il quale “non hanno nemmeno provato a combattere”
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