La solidarietà secondo Ken Loach
Un incontro con il grande regista britannico nei giorni del Festival di Locarno
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Un incontro con il grande regista britannico nei giorni del Festival di Locarno
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Un incontro con il grande regista britannico nei giorni del Festival di Locarno
“Se ci sarà un cambiamento nelle società avverrà grazie alla classe operaia, e non grazie alla borghesia, ai ricchi, o a chi è al potere! Arriverà dai ceti più sfavoriti che hanno tanto da guadagnare… e che hanno le migliori battute!”
In queste parole di Ken Loach, mentre risponde ad una mia domanda durante l’intervista, è contenuto il pensiero di un grande signore del cinema British.
Io le leggo a più livelli. Il primo è quello dell’analisi della società occidentale, nella quale i mutamenti più significativi passano dalle classi meno privilegiate, con la riduzione della povertà.
Il secondo livello è il più caro al regista britannico, quello della fede politica. Loach è un uomo profondamente di sinistra e ha una visione davvero radicale. D’altronde i propri ideali li ha sempre dichiarati e il suo modo di fare film li riflette.
Terzo livello, la necessità dell’ironia, dello humour.
Quando lo incontriamo stringe la mano a tutti noi, sia a me sia all’équipe tecnica. È gentilissimo e ha il sorriso di un uomo umile, che ha visto tanto e sa tanto, ma che si prende lo stesso il tempo per ascoltarti. Chissà quante volte avrà poi spiegato le stesse cose ai giornalisti, eppure le racconta anche a me con la stessa pacatezza.
“Vede, non è che coi nostri film diamo voce a chi non ce l’ha. Le persone di cui parliamo ce l’hanno una voce, però non viene riportata dai principali mezzi di informazione, se non quando c’è una sofferenza.”
Se ci si pensa bene è davvero così. Per esempio mi vengono in mente i recenti scontri nelle periferie parigine. I media ne hanno parlato, certo, quante volte però si riferisce di queste comunità prima che succedano le disgrazie o le tragedie che le toccano?
La grandezza di Ken e del suo simpaticissimo sceneggiatore Paul Laverty, anch’egli presente all’appuntamento, è riuscire a fare film che comunicano qualcosa a tutti, ad un pubblico trasversale. Si possono non condividere tutte le loro idee politiche, ma alla fine propongono magistralmente storie di solidarietà, ricche di umanità e poesia. Con un desiderio di giustizia sociale che chiunque può sottoscrivere.
Ken e Paul hanno sfornato una nuova, bellissima pellicola: “The Old Oak”. È il nome di un pub di Durham, città nel nord del Regno Unito. Una città popolata pure da ex minatori, dove manca lavoro e vari commerci sono chiusi. Un gruppo di residenti accoglie dei rifugiati siriani, che cercano di integrarsi tra mille difficoltà -perché altre persone del posto guardano con odio i nuovi arrivati. Come mai? E’ presto detto: si sentono minacciati, manifestano un razzismo primordiale.
“Succede in molte parti d’Europa” commenta il mio ospite.
Il lungometraggio è ben recitato e porta un messaggio di speranza, mostra che un’accettazione reciproca è possibile.
“Dove c’erano le miniere i lavoratori erano solidali tra loro, dice Ken. Si aiutavano, era come se insieme formassero una squadra. Paul e io abbiamo avuto l’idea di una solidarietà che nasce tra due comunità isolate -quella locale in una zona depressa, e quella dei rifugiati in fuga dalla guerra. Infatti una solidarietà come quella di un tempo tra i minatori…”
“Attaccare chi non ha nulla ed è indifeso è più semplice. Questo è il messaggio che riceviamo nelle nostre società.” Ken ne è convinto da tempo, ed è tra le ragioni che lo hanno spinto a cercare di continuo storie con al centro esseri umani di cui il grande schermo si occupa poco.
Prima di andare esclama: “Se lei in una città avesse dei problemi, non vada nei quartieri ricchi: non l’aiuteranno! Se ha fame vada da chi non ha nulla!”
Mi ha lanciato sorridendo delle provocazioni, il buon Ken. Alla fine dell’incontro non riesco a non guardarlo partire con un po’di malinconia, avrei voluto porgli mille altre domande. Comunque sono consapevole di aver avuto il privilegio di comprenderlo di più, di aver ricevuto tanto dalla conversazione. Di sentirmi arricchito.
Nell’immagine: Ken Loach
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