Pietro Montorfani – Di insegnamenti, di incontri e di auguri nuziali
Un più discreto amore per la vita - A cento anni dalla nascita, parole e versi di Giorgio Orelli nel ricordo di scrittori e amici
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Un più discreto amore per la vita - A cento anni dalla nascita, parole e versi di Giorgio Orelli nel ricordo di scrittori e amici
Pietro Montorfani
Il più grande insegnamento che io abbia avuto da Giorgio Orelli, nei pochi anni della nostra frequentazione (non oso chiamarla amicizia), è il significato del termine “gioventù”. Mi capitava di telefonargli per metterlo a parte dei miei progetti in ambito letterario, timoroso di subissare di troppe informazioni una persona già in là con gli anni, solo per vedermi smentito ogni volta tanto era l’entusiasmo all’altro capo del filo. Con baldanza pseudo-giovanile gli raccontavo dei tre libri la cui stesura occupava le mie giornate, e lui mi ribatteva sorridente: “Eh, caro, io ne sto scrivendo sei; non si finisce mai! Dante è un lavoro immenso, a tempo pieno…”. Una sera era giunto persino a confidarmi che non se ne poteva ancora andare, perché gli restavano troppe cose da fare… Vedevo in me stesso e nei miei coetanei meno della metà della sua energia e del suo rigore.
Per me Orelli è stato dapprima un nome, pronunciato spesso da genitori che furono suoi allievi alla scuola cantonale di commercio, o da un nonno che era stato soldato del “Caporale Orelli” durante gli anni di guerra (a sua detta, il più simpatico e indisciplinato dei caporali). Da bellinzonese poi non potevo non imbattermi, come moltissimi altri, nel poeta-in-bicicletta, davanti alla Migros o sulla salita di Ravecchia. Soltanto in tempi recenti Giorgio Orelli era diventato per me un referente insostituibile, grazie alla comune passione per Gianfranco Contini.
Il ricordo cui non posso ripensare senza commozione è però di tutt’altro genere. Si avvicinava il mio matrimonio e una mattina trovai nella buca delle lettere due cartoncini d’auguri spediti da “G. Orelli”. Il primo era di Giovanni, e iniziava così: “Caro Montorfani, per una volta non parliamo di letteratura…” (e invece sì, perché parlava di Ulisse e di Omero, con lunghe e dotte citazioni classiche a carattere nuziale). L’altro biglietto, firmato “Giorgio e Mimma”, era assai più stringato e si limitava a questi pochi versi: “Figure parallele, ombre concordi, / aste di un sol quadrante”. Bisognava conoscere Montale, le sue Personae separatae, per cogliere la velata e pudica allusione all’ambito matrimoniale, ad una vita passata assieme, con profonda complicità. Una vita che lui aveva sperimentata a lungo e che augurava a me, in occasione di un giorno importante.
(* Testo pubblicato in “Giornale del Popolo”, 11.11.2013, qui riproposto con alcune varianti)
Siediti qui. Ripòsati. Ricorda
con me questo sabato
del Padre Putativo che avremmo
festeggiato laggiù, dalle tue parti,
se nostra figlia non avesse preso il morbillo.
Per fortuna ci sono le nonne.
Col palloncino rosso e un fascio
di fiori gialli che altro non erano
che le forsizie di cui lessi in Benn,
per fortuna è venuta tua madre:
sùbito così nonna, così sagra
nella nostra penombra al primo piano
che non potevo darle un bacio. Del resto, qualcuno
doveva pur liberarla da tutto quel giallo
perché potesse abbracciare
l’altro giallo: balzata al trambusto dal letto
col pigiamino giallo, veramente Giovanna.
E così siamo andati a vedere un po’ di patria
diversa da quella d’ogni giorno, con gente
rompiscatole fin dall’infanzia, che incontri al mare e in montagna,
frammista a tipi forestieri, belli
buoni e sani come porcini;
ma che lago ( quasi non si gonfia
la vena sul dorso della tua mano),
e dall’ombra alla luce improvvisa il battello
che parla come agli adulti il cuore;
e: “Che figlio”, dicevi, “tu non l’hai visto
muoversi”, far segno
con l’arco della schiena; infine il ronco
più volte sognato, la spalla
modellata con sovrumana sapienza,
lasciata appena dal sole
ma fiorita di piccoli falò.
Cammineremo ancora. A noi non serve
contare alla rovescia, lo sai:
piace anche troppo ai nostri figli il buio.
Ma speriamo che vada tutto bene:
secondìpara, il tempo del travaglio
dovrebbe sensibilmente accorciarsi.
Foto Giorgio Orelli © RSI
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